
Loriana Lucciarini ospite di Oubliette Magazine, intervistata da Emma Fenu per parlare di femminicidio, cultura e società | ECCONE UN BREVE ESTRATTO |
«Femmina»
Se escludo questa parola dal suo legame semantico e dal valore che la società attribuisce al termine e lo “ascolto” per come lo percepivo da piccola, esso ha per me una connotazione positiva. Racchiude tanto di buono – la natura, la bellezza, la forza, la protezione, l’indipendenza – legato a una sola immagine: la potente leonessa che vive in gruppi familiari, assieme ad altre leonesse, indomabile e fiera, indipendente, che basta a se stessa.
La leonessa, forte, materna, coraggiosa e libera è per me l’emblema della femmina in natura.
Ma il termine femmina, riferito alle donne, si sporca e diventa sinonimo di altro, perde fierezza, passione e forza e s’incupisce, trasformandosi in gabbia. Perché la società mette cappi, catene. E femmina per le donne acquista valenza negativa, trasformando l’individuo in oggetto, terra di conquista, genere da predare e sottomettere, al quale togliere la libertà, la forte indipendenza, la dignità di essere sé.
Ecco perché, ormai da molti anni, vivo e percepisco questa parola in modo ambivalente: perché questo secondo significato, che arriva sempre dopo ma s’impone nella mia testa in modo violento, ha termini umilianti che si legano al primo annullandolo, arrivando a imporre solo il valore negativo, che mi ferisce e mi irrita. (…) | LEGGI TUTTO
L’ha ribloggato su Scintille d'Anima.
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