LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI
Appunti di Loriana Lucciarini durante il workshop Ewwa sulla narrazione in “giallo” | marzo 2017
ANTONIO DEL GRECO [INVESTIGATORE]
- Nella realtà, le indagini iniziano nel modo classico, ma anche in quello più spettacolare (ad es. il caso della fuga dal carcere in elicottero o una sparatoria in mezzo alla città)
- Occorre documentarsi prima della realtà operativa, per scrivere cose attinenti. L’attività principale del poliziotto è fatta di indagini d’ufficio, approfondimenti, ricerca di prove: tanta carta & documentazione per poi concludersi con l’arresto (in modo spettacolare o meno, meno è spettacolare più risulta riuscita l’operazione: se si arriva a sparare è un’operazione svolta male).
- Le indagini sono cambiate nel 1981, con la riforma della pubblica sicurezza che ha militarizzato polizia, scientifica e altri corpi. Oggi si parte dalla tecnologia per arrivare a indagare (intercettazioni telefoniche, ambientali, luminol, dna…)
- C’è forte antagonismo tra carabinieri e polizia, perché sono due unità separate, ognuna con necessità di portare risultati. Polizia e Carabinieri sono rivali: non collaborano praticamente mai. Quando si creò la Dia, l’unita interforze tra polizia, carabinieri, si pensava che le singole competenze dei vari corpi potessero essere messe a disposizione dell’unità ma questa venne malvista e chi ne fece parte non trovò da parte degli ex colleghi collaborazione alcuna.
Quali sono le situazioni irrealistiche spesso narrate in un giallo?
- Quando si interroga un sospettato la polizia non parla: chiede. Non spiega: vuole risposte. La scena dove la polizia fa il “riassunto” di quanto è avvenuto è un grave errore;
- La scena con l’irruzione della polizia armata fino ai denti, che viene tenuta in scacco da un solo malvivente è irreale. Anche la pistola puntata contro non è una procedura standard della polizia, le pistole sono sempre rivolte in alto.
ANNA MARIA ANSELMI [CRIMINOLOGA]
- Il criminologo cerca di entrare nella testa del reo per capire perché lo fa. Entra nei ragionamenti del criminale scevro da giudizi, con atteggiamento neutro, non giudicante.
- C’è differenza tra criminalistica e criminologia. La prima è lo studio empirico del reato (analizzare la scena del crimine), la seconda è l’analisi della psicologia del reo.
- Ci sono due teorie principali sui criminali: si nasce o si diventa.
- La Teoria di Lombroso dice che criminali si nasce e chi ci nasce lo sarà per sempre, non può essere recuperato. Questa teoria afferisce agli studi sulla corteccia cerebrale (sulla corteccia prefrontale, sulla migdala che se inferiore a tot. misurazione stabilisce scientificamente che siamo di fronte a un personaggio nato criminale. Una delle classi criminali irrecuperabili che nasce così sono i pedofili. Questa teoria, svalutata negli ultimi anni, recentemente è stata invece portata nuovamente all’attenzione con nuovi studi che ne attestano la validità.
- L’altra teoria è quella che criminali si diventa a causa di stimoli ambientali, culturali, per insieme di casualità o per sopraggiunti eventi che modificano la personalità del soggetto, che portano un individuo a delinquere. Ad esempio, la personalità può cambiare completamente a causa di un trauma lobofrontale: toglie le inibizioni e la capacità di controllo, ci si trasforma in violento e aggressivo. Anche i suicidi possono essere indotti da valori alterati nel sangue di determinati elementi.
Quali sono le situazioni irrealistiche spesso narrate in un giallo?
- non esiste che un criminale confessi durante un processo: è sicuramente d’impatto emotivo e può essere considerata una scena clou ma nella realtà ciò non accade mai;
- un serial killer non lascia la “firma” sui propri delitti: l’unico – raro – caso in Italia è il mostro di Firenze (che tagliava il seno sinistro alle vittime); Stevanin ad esempio (che si racconta usasse il filo del telefono per strangolare le sue vittime e inizialmente si era pensato fosse questo il suo modus operandi, in realtà le uccideva con cose che aveva a portata di mano, non era quindi intenzione del serial killer lasciare una firma, un segno, un indizio agli inquirenti). Nella narrazione invece spesso è sottolineato il modus operandi sempre uguale ma è una grave inesattezza;
- il serial killer non lascia indizi per sfidare la polizia; certo può lasciare tracce corporali quando compie il reato, ma non altro;
- l’omicida non si trasforma, non cambia il suo modo d’essere durante l’omicidio (i suoi percorsi mentali e le sue fobie si ritroveranno anche nel modus operandi del crimine e qui sta alla criminologia carpirne i segnali);
- l’omicida interagisce sempre con la vittima e la scena del crimine riporta il contatto/scambio tra omicida e vittima (ed è qui che entra in gioco la scientifica);
- le procedure dei rilievi sono molto delicate ed è difficile che la scena del crimine resti incontaminata, per questo è arduo trovare il famoso Dna perché si contamina facilmente;
- l’interrogatorio durante il processo (quello fatto dall’avvocato) va condotto in modo preciso, secondo regole ben definite: non deve far trapelare le emozioni di chi fa la domanda, non deve indurre a informazioni soggettive, si analizza l’esposizione dei fatti, non posso essere fatte domande suggestive che suggeriscono una visione parziale, limitata e non obiettiva dei fatti e che possano instillare già possibili risposte, facendo capire cosa vogliamo sentirci dire.
ROSSANA CECCHI (ANATOMOPATOLOGA)
- All’inizio la medicina legale non era conosciuta. Oggi è conosciutissima.
- Il medico legale e l’anatomopatologo non sono la stessa figura, trattano entrambi la morte e la causa del decesso ma in modo e con tecniche differenti. Le figure sono: Patologo forense (medico legale) / Psichiatra forense (tipo criminologo, è una figura particolare e ce ne sono pochissimi in Italia) / Anatomopatologo
- Il lavoro studia le cause di morte e si occupa di identificare le vittime che possono essere:
- morte naturale
- morte violenta
- morte accidentale
- morte suicidiaria
- morte omicidiaria
- morte iatrogena (per errore medico)
- Lavora in sala SETTORIA, in laboratorio ANTROPOLOGIA FORENSE o nel laboratorio TOSSICOLOGICO;
- spesso i patologi forensi non vengono chiamati durante i rilievi ed è un errore, perché la scena del crimine “parla” ed è il primo passo per comprendere ciò che è accaduto al cadavere, dopo i rilevamenti medici (che sono una parte successiva e che invece, quasi sempre, si trovano a compiere da qui in poi);
- valutare i tempi di morte non è così facile come viene descritto e tale valutazione è soggetta a tantissime variabili: la temperatura esterna, se il corpo è stato spostato, se sono intervenute mutazioni ambientali (ad esempio, se è stata aperta una finestra qualche ora prima, che prima invece era chiusa);
- spesso la scena del crimine è “contaminata” dagli stessi agenti di polizia che intervengono e senza preparazione spostano cose o creano ancora più confusione;
- si utilizzano foto e videoriprese per prendere indizi sulla scena del crimine. Le foto vengono fatte prima allargate e poi nel dettaglio (questo i patologi forensi lo fanno per il loro lavoro); in questo modo la descrizione tecnica del rapporto è cambiata: prima doveva essere molto dettagliata anche nella descrizione delle ferite ora, con il supporto di foto e video digitali, non è più necessario scrivere rapporti lunghi e descrittivi, quando ci sono le immagini allegate;
- troppo spesso il patologo che fa l’autopsia e il sopralluogo si vede poi sostituito da altri colleghi;
- Il patologo forense ha EMPATIA verso la vittima, quando era viva e SCIENTIFICITA’ nell’approccio con il cadavere per coglierne le risposte e gli indizi;
- l’identificazione delle vittime avviene in caso di cadavere reso irriconoscibile da agenti esterni (pioggia, caldo, acqua, terra) o in caso di cadaveri depezzati (cioè non integri, di cui si hanno solo alcuni brandelli o parti di corpo; non sempre a opera di killer ma anche per colpa di agenti esterni: lunga permanenza in mare, terremoto, esplosione ecc.). In questo caso il lavoro parte con il colloquio con i parenti, per avere informazioni fisiche (che spesso queste persone non sono in grado di dare perché in ansia per la sorte dei propri cari, i ricordi sfuggono così come la specificazione dei particolari fisici; allora con tatto e attenzione psicologica, parlando sempre al presente e mai al passato, si fanno loro domande sulla vita dei congiunti, sui loro hobby e passioni, tanto da farli rilassare e questo aiuta a far risalire particolari. Da qui parte anche dell’elaborazione del lutto. L’antropologo forense, per attuare il riconoscimento delle vittime, analizza anche le ossa per risalire all’età dello sconosciuto, alle possibili caratteristiche fisiche (se alto o basso, se con traumi pregressi che possono aiutarne l’identificazione), al tipo di razza e allo stato generale. Spesso i cadaveri sono resi irriconoscibili e si modificano se l’ambiente interviene a corromperli (ad es. naufragio in mare, i corpi subiscono il processo di saponificazione e diventano tutti uguali, irriconoscibili, in questo caso vanno analizzate le ossa: cranio, scheletro, denti per procedere alla loro identificazione);
- Il DNA non è l’unica cosa che offre risposte e non è l’unica cosa da ricercare, spesso si contamina facilmente e non è attendibile
Quali sono le situazioni irrealistiche spesso narrate in un giallo?
- Il patologo forense viene spesso rappresentato in letteratura e nel cinema come una figura banale, relegata in una stanza con il morto, invece è una figura fondamentale nelle indagini;
- Il sopralluogo è fondamentale per reperire informazioni e prove sul crimine. Gli autori devono dettagliare bene questa fase durante la narrazione;
- è importante sottolineare il rapporto che si instaura tra patologo e cadavere, il legame è profondo, c’è passione, amore per il cadavere perché questo parla, dice tante cose e il patologo ascolta, cerca di capire, c’è un dialogo intimo per entrare nella vita e negli ultimi istanti dell’esistenza di quel cadavere. Il patologo forense bravo è quello che è curioso ma mantiene sempre lo sguardo scientifico: il corpo umano è perfetto, bisogna conoscerlo e amarlo per la sua perfezione. Il patologo forense ama la sua esattezza, le risposte scientifiche e certe che esso dà in determinate condizioni. È quello che il patologo forense ama e la passione che lo anima.
MASSIMO LUGLI (SCRITTORE)
- Una fiction non deve essere realtà, altrimenti non si chiamerebbe fiction ma questa deve essere attinente alla realtà, raccontare cioè cose PLAUSIBILI/PROBABILI;
- la narrazione diventa plausibile se attinente alla realtà, al quotidiano. ATTINENZA ma anche FANTASIA per “scardinare” la troppa scienza, riuscendo (narrativamente parlando) a dare per scontata una verità che non è verità, ma racconto, romanzo;
- Il male c’è sempre e alle volte si scatena: è importante la mediazione tra buio/luce, usare le sfumature, dare tridimensionalità ai personaggi e delle loro emozioni, per farli diventare soggetti a tutto tondo con luci e ombre, bene e male;
- si può anche “copiare”, utilizzare una storia già raccontata ma farla propria, narrarla con il proprio talento modificandola per farla diventare unica, speciale, nuova.
Come farsi venire l’ispirazione?
- Circondarsi di altre belle storie (oltre le nostre);
- Cercare immagini che ci facciano calare nell’ambientazione di cui vogliamo scrivere (foto, dipinti, musiche – soprattutto se storici);
- Vedere film attinenti per stimolare visivamente la capacità descrittiva (ad esempio i vestiti, le auto, le città);
- trovare lo stile narrativo più giusto per quella storia;
- progettare il romanzo dandogli una struttura e un’ambientazione consona.
Come scrivere un romanzo?
IDEA PRIMA: Chi, Quando, Cosa → si può riassumere in poche righe, ad esempio: “James ha 15 anni, vive a Oslo, negli anni Novanta”.
DRAMMA PRIMO: elemento che va a sconvolgere la routine del protagonista dando una sterzata improvvisa agli eventi, ad esempio: “ James scopre una lettera nascosta di suo padre, morto, indirizzata a lui, che contiene dei segreti”.
MESSAGGIO: è il messaggio che, col nostro romanzo, vogliamo far arrivare al lettore, va definito subito. Ad esempio: “ James scoprirà il valore dell’amore paterno risolvendo il conflitto con l’essere a sua volta padre”.
Focus GIALLO:
- si parte da un cadavere (manca la scena omicidiaria);
- si disseminano ad arte indizi (che il lettore di giallo segue con attenzione e sa raccogliere e riconoscere);
- non si ha uno stile particolare.
Focus NOIR:
- si sa subito chi è l’assassino (perché non è questo quello che conta);
- si approfondisce lo scenario e l’ambiente nel quale il reato viene commesso.
AUGUSTO Q. BRUNI (SCRIPT EDITOR)
Una storia poliziesca è una storia di “detection”. Occorre:
- trovare un protagonista della nostra storia (tra le figure professionali che eseguono le indagini nate dal Diritto moderno)
- definire un delitto (crimine) COME? E PERCHE’?
- decidere il colpevole (criminale) CHI È STATO?
Chi è l’eroe?
Che delitto? —-> problemi personali (ferita inconscia)
Che finale? —> castigo o no?
—> antieroe/odi /crimine=modalità, motivazione
Epilogo
È necessario:
1 – decidere che tipo di storia usare
2 – spazio/tempo
3 – back story
4 – validazione degli indizi
Per il nostro protagonista occorre sapere che:
- la sezione investigativa indaga e stana il colpevole;
- la sezione operativa arresta, spara, insegue i malviventi
La figura può essere quindi: poliziotto professionale, detective privato, anatomopatologo, altro…
L’indagine è un processo mentale/intuitivo
L’indagine è simile alla CACCIA: conosci la preda (e le sue abitudini, l’ambiente dove si muove, le sue peculiarità) è uguale = a cercare gli indizi
fiutare e stanare la preda è uguale = trovare il colpevole, con il raziocinio e la vista, l’osservazione e l’intuizione
Va scelto anche in che modo vogliamo far percepire la storia al lettore. Questo lo si fa scegliendo il tipo di narrazione :
- III persona (un narratore estraneo che parla del detective)
- III persona con pdv interno (quello del detective, quello dell’assassino con i suoi deliri di onnipotenza, la sua tensione, la fuga, la paura di essere scoperto ecc.) questo tipo di tecnica viene usata per creare colpi di scena, trappola verso l’eroe, in questo modo il lettore di preoccupa, parteggia per l’eroe che ignaro corre il rischio, si sente frustrato quanto il personaggio…
Lo schema della detection può essere:
1) A TRIANGOLO CLASSICO «DELITTO E CASTIGO»
Con schema “consolatorio”, dove il colpevole alla fine viene scoperto e punito.
In questo tipo di storia ci sono elementi fondamentali:
- il criminale non fa nulla, rimane nell’ombra e aspetta, convinto di non essere scoperto. Quindi fa tutto il detective e il criminale è passivo;
- Il detective usa il raziocinio e il ragionamento induttivo/deduttivo e ha capacità speciali di connettere eventi e dargli una consecutio logica che porta alla soluzione del caso;
- In questo tipo di storia il detective si muove e indaga tornando indietro e riandando avanti sull’asse spazio/tempo. (Agatha Christie usa l’escamotage di ridurre/circoscrivere lo spazio, ad esempio facendo accadere il delitto in un hotel isolato dalla neve, impedendo così alle persone di lasciare la scena del crimine e facilitando così la narrazione per non dover affrontare anche il piano di altri ambienti della storia;
- C’è sempre un colpo di scena che equivale a un INDIZIO, che porta avanti la narrazione: non lo sapevamo prima, elemento di novità capace di indirizzare le indagini verso altra direzione o verso un falso indizio e/o un depistaggio;
- il detective analizza e ragiona, risolve tutto spiegando sempre alla fine (lo “spiegone” alla Sherlock Holmes).
2) A TRIANGOLO MODERNO
Stesso schema del precedente, solo che qui il colpevole ha un comportamento attivo: commette nuovi reati, depista le indagini, influisce sulla narrazione.
Il detective in questo caso è “mobile”: deve correre, rispetto ai falsi indizi e alle azioni che il colpevole compie, dopo il primo evento scatenante, cioè quello che ha dato il via alla storia.
- è necessario dare il giusto climax alla narrazione;
- le emozioni sono in crescita;
- dopo un falso indizio o un depistaggio la tensione deve salire perché si ritorna a indagare sapendo di aver sbagliato strada.
3) A DIAMANTE SEGRETO + 4) NOIR*
In pratica è una doppia storia= indagine + eventi personali. Dove:
- i problemi personali del detective saltano fuori nei momenti topici, come se fossero un secondo antieroe, un secondo nemico;
- Il colpevole è attivo (semina falsi indizi, compie nuovi crimini, depista);
- si può usare la modalità thriller (personaggio eroe sotto attacco, sia fisico che psicologico), perché l’antieroe conosce la storia del protagonista e le sue ferite inconsce e le utilizza per attaccarlo;
- ogni indizio scoperto si riverbera nella psicologia dell’eroe (ferita) con l’emergere di una memoria dolorosa del detective (la sua storia personale) – ogni indizio svela una parte della ferita dell’eroe, i problemi personali emergono così durante le indagini;
- la storia funziona se il detective risolve i suoi tormenti al culmine della soluzione della storia.
Vale quanto detto per lo schema precedente del triangolo moderno: il detective in questo caso è “mobile”: deve correre, rispetto ai falsi indizi e alle azioni che il colpevole compie, dopo il primo evento scatenante, cioè quello che ha dato il via alla storia:
- è necessario dare il giusto climax, per far crescere emotivamente la narrazione: in una situazione di ristagno facciamo fare azioni quotidiane al protagonista portando avanti la narrazione e preparandola a nuove crescite emozionali (colpi di scena);
- se mettiamo un movimento comico all’interno della storia poi il successivo momento deve essere in salita con colpo di scena;
- durante la narrazione in avanti (che collega i fatti alle indagini) questi devono essere messi in modo che uno annunci l’altro. È importante che questi siano legati insieme e che la narrazione faccia da collante.
*Nel NOIR la differenza è l’ambientazione e la conclusione con la sconfitta dell’eroe che soccombe alla sua ferita inconscia. L’antagonista è donna
5) DETECTIVE INVERSO
Una storia può essere scritta da Pdv differenti.
Cambiando soggettiva, una storia di un crimine può diventare un giallo (il detective indaga), oppure una gangster story (la storia raccontata dal criminale) o, ancora, un soggetto di innocente in fuga (tipo Il Testimone con Harrison Ford: la storia è narrata dal punto di vista dell’innocente che deve fare cose per scagionarsi).
6) MUTAZIONE DEL DOPPIO
La Mutazione del doppio avviene quando anche l’antagonista ha una ferita inconscia che lo cambierà alla fine della storia.
Appunti liberi trascritti da Loriana Lucciarini durante il seminario Ewwa sulla narrazione in giallo – per maggiori informazioni sul workshop leggi l’articolo qui

L’ha ribloggato su Scintille d'Anima.
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